Il ms. 200, acquistato da mons. Giusto Fontanini nel 1717, fu trascritto probabilmente a Firenze dai notai Paolo Puccini e Pietro Bonaccorsi tra la fine del Trecento e gli inizi del Quattrocento, ed è arricchito nella prima parte da tre splendide miniature attribuibili a Bartolomeo di Fruosino, uno dei più grandi illustratori fiorentini, la cui arte fu importante per lo sviluppo della miniatura fino alla seconda metà del Quattrocento.
Meravigliosa la miniatura a
carta 2 recto, con il Sommo Poeta ritratto nell’iconografia già consolidata, con la veste rossa, ampia, lunga, con un copricapo bianco aderente alla testa e con le punte a coprire le orecchie, cui è sovrapposto un berretto nella stessa stoffa dell’abito con un ricasco a cappuccio: Dante è nel suo studiolo, allo scrittoio, con il calamo in mano, perfettamente incorniciato nella lettera N, color blu cobalto, che principia la Commedia.
Il testo è corredato da due importanti commenti, uno in volgare di autore non ancora identificato, e l’altro in latino, a firma di Graziolo de’ Bambaglioli, notaio bolognese, considerato fra i primi commentatori di Dante.
Il codice si presenta come un vero e proprio laboratorio, quasi un cantiere aperto: oltre ai commenti compare una parziale traduzione del testo in esametri latini, l’impostazione grafica della pagina muta notevolmente nei diversi fascicoli, e dopo le prime tre miniature policrome ne appaiono altre stilisticamente molto diverse, acquerellate (come quella che ritrae Cerbero a
carta 15 verso) o a penna di mano più tarda (come quella raffigurante la palude Stigia a
carta 19 verso), mentre dopo carta 20 non vi sono più illustrazioni ma spazi bianchi ancora da riempire.