Il manoscritto 54 è tra i più antichi del fondo guarneriano: costituisce infatti la prima testimonianza data della biblioteca di Guarnerio.
Contiene le
otto commedie plautine di tradizione medioevale. Nel Medioevo, infatti, erano conosciute solo
Amphitruo, Asinaria, Aulularia, Captivi, Curculio, Casina, Cistellaria, Epidicus, mentre le restanti dodici sono le cosiddette ‘commedie nuove’, in quanto scoperte da Nicolò Cusano, nel 1429, in un codice conservato a Colonia.
Può essere che l’interesse di Guarnerio per Plauto, fosse suscitato dal maestro e amico
Giovanni da Spilimbergo, che sappiamo essere in quel medesimo periodo interessato allo studio e al commento di Plauto, anche a scopo didattico.
Potrebbe, anzi, proprio trattarsi dell'apografo del codice posseduto da Giovanni da Spilimbergo, che nel 1430 insegnava a Cividalee manifestava ail proposito in una lettera al Guarino, di leggere ai suoi studenti le otto commedie di Plauto.
Completato, almeno nella sua parte principale,
dallo stesso Guarnerio ad Aquileia nel 1436 come si legge nella sottoscrizione a c. 130 recto, cioè quando era da poco rientrato in Friuli, il manoscritto contiene anche due altre opere: la
Ep.
XV delle
Heroides di Ovidio (scoperta nei primi anni del Quattrocento) di mano diversa da Guarnerio, e uno scritto minore di Leonardo Bruni.
Il manoscritto è privo di ornato e con spazi in bianco, per letterine iniziali mai eseguite.
Il manoscritto 54 stato sovente citato in ragione di una lunga postilla che si trova in principio del codice, a
carta 9 recto: vi è copiato un classico
accessus all’opera di Plauto, cioè una introduzione, con generali considerazioni sull’arte del poeta comico. Eccone il testo:
“Umbria Narsina”. "Nota. Narsina a flumine Narsi dictam, quod est in Umbria, sicuti etiam Nursia est ab eodem flumine nuncupata et similiter Narnea civitas. Flumen illud in valle Nursie incipit, tendens post Spoletum per loca abbatie Farfensis ante abbatiam versus Castrum Franchum, deinde versus Interamnem relicta civitate Reatina a parte altera et fertur versus Narneam a parte dextera ante fores ipsius civitatis Narnee magno quondam ponte vallatam, prout sunt pontis vestigia et maternum sermone vocatur ‘La Nera’, de quo Ovidius de sine titulo facit mentionem tamquam de ninpha ut hic … Quare falsum est credere Umbream esse et Narsim ire per patrimonium. Patrimonium autem s. Petri nominatur Sutrium, Viterbium, Surianum, Mons Faliscus, Vetralla, Crapanicam, Toscanella, Sancto Gemini, Ameria inclusive usque Tudertum. Umbria vero est ducatus Spoletanus, silicet Spoletum, Ternium, Fulgineum, Speculum, Asis, Mevania, Mons Falco, Nurisa, Vissum, Gualdum, Nurcium, Ugubium et cetera, exclusive Perusium et exclusive a parte inferiori Interamne ac Narnea et Reate, que sunt suburbia Romana. B(artolomeus) Baldana subscripsit, qui totas has provincias circumivit et ipsis prefuit cumissarius apostolicus de mandato domini Eugenii pape quarti, bina vice et cetera".
La
lunga postilla è stata vergata da
Bartolomeo Baldana, il quale appone la sua firma a conclusione della postilla stessa.
Il finale della postilla è evanido, ed è stato interpretato dagli studiosi in maniera diversa. Secondo Mario D’Angelo «Il codice, per la parte maggiore di mano di Guarnerio d’Artegna, che concluse la trascrizione ad Aquileia il 10 gennaio 1436, si trovava dunque tra le mani del Baldana intento a servire il papa fuggito da Roma in lotta contro il partito del concilio».
In realtà, è probabile piuttosto che la postilla sia successiva, e di molto, all’incarico svolto da Bartolomeo alle dipendenze di Eugenio; non si spiegherebbe bene altrimenti l’uso dei tempi perfetti («
has provincias circumivit et ipsis prefuit»). È un uso temporale che riconduce, indiscutibilmente, a un passato remoto, lontano dal momento in cui la postilla fu effettivamente vergata.
Contributo elaborato in collaborazione con: